È venerdì santo, ad Olame non si lavora. Torno al centro (dove risiedo, oltre che lavorare) alle 18:30 e vedo la porta di un ufficio socchiusa. Metto dentro la testa per salutare e trovo Nicole che mi dice che è in ritardo e si deve affrettare per riuscire a rientrare a casa.
Il mattino dopo scendo alle 7:30 per la colazione e di nuovo trovo la porta dell’ufficio di Nicole socchiusa. Scopro così che sta preparando la documentazione per la testimonianza di Mathilde, che domani parte per il Sud Africa. È invitata ad una conferenza sulla condizione della donna in Africa organizzata dalla moglie di Mandela, per presentare alcuni casi significativi della situazione nell’est del Congo.
Oggi, sabato, alle 20 trovo Honoré (con cui condivido l’ufficio) che sta stampando del materiale: lui e Fanny sono stati chiamati per una attività a Dungu, nella Provincia Orientale. Getto un’occhiata veloce a quello che esce dalla stampante e rimango colpito dalla profondità di ciò che leggo, scoprendo tra l’altro che oltre alle violenze sessuali esistono anche quelle sessiste (VSS in sigla). Ancora una volta mi domando cosa ci faccio io qui e ancora una volta mi sento un privilegiato per il fatto di poter assistere al lavoro degli operatori del centro.
Domattina alle 6 quindi, domenica e festa di Pasqua, Mathilde partirà in aereo da Cyangugu ed Honoré e Fanny prenderanno il traghetto per Goma.
Mi sembra doveroso a questo punto spiegare cosa significa Olame: è un augurio mashi, la lingua originaria di Bukavu, che in una parola sola, non traducibile, vuol dire “vivi una vita dignitosa, una vita piena”.