Il prezzo della pace

Dalla Rete Pace per il Congo

All’inizio di aprile, nelle due province del Kivu, qualche centinaio di militari hanno disertato le file dell’esercito. Si tratta di militari provenienti dal Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), integrati nell’esercito nazionale nel 2009 ma ancora sotto il comando del generale Bosco Ntaganda, anch’egli del CNDP, un movimento politico-militare fomentato e appoggiato dal regime ruandese e ora trasformato in partito politico, membro della Maggioranza Presidenziale (MP).

Le diserzioni sono avvenute dopo che, in marzo, la Corte Penale Internazionale (CPI) avesse rinnovato la sua richiesta al Governo congolese di arrestare il generale Bosco Ntaganda, oggetto di un mandato di arresto internazionale emesso nel 2006, per arruolamento di bambini soldato e crimini di guerra commessi nel distretto dell’Ituri nel 2002-2003.

Ufficialmente, Ntaganda è incaricato dell’integrazione delle truppe del CNDP nell’esercito nazionale. In realtà, ha il comando dell’operazione militare “Amani Leo” (Pace oggi) condotta contro i gruppi armati, nazionali e stranieri, ancora attivi nel Kivu, tra cui le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR). Apparentemente, essa sembra un’operazione militare normale e dovuta. In realtà, come nelle operazioni precedenti “Umoja Wetu” (Nostra Unione) e “Kimia II” (Tranquillità), anche in “Amani Leo” la popolazione locale è oggetto di gravi e sproporzionati danni collaterali (attacchi ai villaggi, furti, stupri, arresti, devastazione dei campi, incendi di case…), tanto che si vede costretta ad abbandonare le proprie case e le proprie attività per fuggire in foresta. Nel frattempo, nei villaggi e campi abbandonati dalla popolazione locale vi si insediano nuovi “occupanti”, normalmente ruandofoni o, addirittura, chiaramente ruandesi.

La popolazione locale stessa è convinta che dietro le varie operazioni militari ci sia un progetto chiaro: costringerla ad abbandonare le proprie terre per insediarvi popolazioni di origine ruandese, soprattutto in vista del controllo delle miniere di cassiterite, oro, coltan, tungsteno e wolframite di cui è ricco il sottosuolo dei due Kivu. Il sospetto della popolazione è confermato dai vari rapporti del gruppo degli esperti dell’ONU che denunciano l’implicazione delle truppe del CNDP e, in modo particolare di Bosco Ntaganda, nello sfruttamento illegale e nel commercio clandestino dei minerali.

Non è affatto difficile, quindi, stabilire un rapporto tra il CNDP di Ntaganda e la “occupazione ruandofona” del Kivu. Pur essendo generale dell’esercito congolese, Ntaganda serve gli interessi del regime ruandese nel Kivu. Secondo molti osservatori, Ntaganda è l’anello di congiunzione tra Kagame e Kabila. È la catena, o la corda, che lega Kabila alle dipendenze di Kagame.

In questo contesto, il rinnovo della richiesta della CPI al governo congolese di mettere in esecuzione il mandato di arresto citato, ha costretto Ntaganda ad organizzare un piano militare di difesa per ostacolare la propria cattura, contando sui militari a lui fedeli. La loro diserzione dall’esercito nazionale è stata una dimostrazione di fedeltà a Ntaganda.

Il Presidente Joseph Kabila si è recato a Goma e a Bukavu (Nord e Sud Kivu) per affrontare personalmente la questione. Ad una lettura attenta delle sue dichiarazioni, i provvedimenti da lui annunciati risultano essere deboli e ambigui, se non segno di complicità.

  • Le diserzioni dei militari del CNDP sono state ridotte a un semplice fenomeno di indisciplina militare, senza tener conto della minaccia che le truppe ex CNDP rappresentano per la sicurezza della popolazione civile, la sovranità nazionale e l’integralità territoriale.
  • Un eventuale prossimo arresto di Ntaganda sarebbe anch’esso rinviato a suoi futuri atti di “insubordinazione”, senza tener conto né dei crimini di guerra e crimini contro l’umanità da lui commessi non solo nell’Ituri ma anche nel Kivu, né della sua diretta implicazione nello sfruttamento illegale dei minerali, né del mandato d’arresto emesso dalla CPI contro di lui.
  • Il passaggio della coordinazione delle operazioni militari condotte contro i gruppi armati dal comando di “Amani Leo”, struttura di comando finora affidata ad ufficiali del CNDP, al comando delle regioni militari rischia di risolversi in un assorbimento del commando militare provinciale nella struttura di comando parallela del CNDP.
  • Nessuna allusione è stata fatta né ai rapporti che legano Ntaganda al regime ruandese, né alle conseguenze che ne derivano. Eppure, anche il testo del mandato di arresto emesso contro Ntaganda dalla CPI, lo identifica come cittadino “presumibilmente ruandese”.

Probabilmente, forse non è questo il momento più adatto per arrestare Bosco Ntaganda, in quanto le truppe a lui fedeli sono in stato di allerta e pronte a difenderlo a costo di seminare il terrore tra la popolazione civile. Doveva essere stato fatto prima. Dovrà essere fatto il prima possibile, per poi trasferirlo immediatamente alla CPI.

Infine, il popolo congolese in generale e la popolazione del Kivu in particolare attendono dal Capo dello Stato una vera riforma dell’esercito, per metterlo in grado di assicurare la sicurezza e l’integrità territoriale. A breve termine, si dovrà procedere alla nomina di ufficiali realmente nazionalisti ai vertici militari, sia livello nazionale che provinciale. Una seconda disposizione urgente sarebbe il permutamento delle truppe del CNDP dal Kivu verso altre regioni militari del Paese. In caso di rifiuto, il Capo dello Stato dovrà procedere all’applicazione delle sanzioni previste dal codice militare. A medio e lungo termine, per disporre di un vero esercito repubblicano e non di un conglomerato di avventurieri provenienti da ex movimenti ribelli ed ex gruppi armati, si dovrà pensare a una sua nuova composizione, mediante un reclutamento di nuove leve sulla base dei criteri della libera scelta personale, della professionalità e di una rimunerazione adeguata. È questo il prezzo della pace.


Le prix de la paix

Du Réseau « Paix pour le Congo »

Au début d’avril, dans les deux provinces du Kivu, plusieurs centaines de militaires ont déserté les rangs de l’armée. Il s’agit de militaires issus du Congrès National pour la Défense du Peuple (CNDP), intégrés dans l’armée nationale en 2009 mais toujours sous le commandement du général Bosco Ntaganda, qui est également du CNDP, un mouvement politico-militaire fomenté et soutenu par le régime rwandais et maintenant mué en un parti politique, membre de la Majorité Présidentielle (MP).

Les défections ont eu lieus après que, en mars, la Cour Pénale Internationale (CPI) a renouvelé sa requête au gouvernement congolais d’arrêter le général Bosco Ntaganda, objet d’un mandat d’arrêt international délivré en 2006, pour recrutement d’enfants soldats et crimes de guerre commis dans le district d’Ituri en 2002-2003.

Officiellement, Ntaganda est chargé de l’intégration des troupes du CNDP dans l’armée nationale. En réalité, il assure le commandement de l’opération militaire « Amani Leo » (Paix aujourd’hui) menée contre les groupes armés, nationaux et étrangers, toujours actifs dans le Kivu, notamment les Forces Démocratiques pour la Libération du Rwanda (FDLR). Apparemment, il semble s’agir d’une opération militaire normale et nécessaire. Mais, comme dans des opérations similaires précédentes, « Umoja Wetu » (Notre Union) et «Kimia II» (Silence II), avec « Amani Leo » aussi, la population locale est victime d’une multitude de dommages collatéraux graves et disproportionnés (attaques aux villages, vols, viols, arrestations, destruction des champs, incendies de maisons …), à tel point qu’elle a dû quitter ses maisons et toutes ses activités pour se réfugier dans la forêt. Entretemps, de nouveaux «occupants», ruandophones voire rwandais, se sont installés dans les villages et les champs abandonnés par la population locale.

La population locale est même convaincue que, derrière les différentes opérations militaires, il ya un plan bien précis: la forcer à abandonner ses terres pour y installer des populations d’origine rwandaise, pour le contrôle des mines de cassitérite, or, coltan, wolframite et tungstène, dont regorge le sous-sol des deux Kivu. Cette suspicion de la population est confirmée par les différents rapports du groupe d’experts des Nations Unies qui, à plusieurs reprises, ont dénoncé l’implication des troupes du CNDP, et surtout de Bosco Ntaganda, dans l’exploitation illégale et le commerce clandestin des minerais. Il n’est pas difficile établir une relation entre le CNDP de Ntaganda et la « occupation ruandophone » du Kivu. Bien qu’il soit général dans l’armée congolaise, Ntaganda est au service des intérêts du régime rwandais au Kivu. Selon de nombreux observateurs, Ntaganda est le lien de conjonction entre Kagame et Kabila. Il est la chaîne, ou le câble, qui maintient Kabila dans une situation de dépendance de Kagame. Dans ce contexte, suite au rappel de la requête de la CPI au gouvernement congolais, pour qu’il exécute le mandat d’arrêt mentionné, Ntaganda a organisé un plan militaire d’auto défense, en s’appuyant sur la loyauté de certains de ses militaires. Leur défection de l’armée nationale a été une démonstration de leur loyauté envers Ntaganda.

Le Président Joseph Kabila s’est rendu à Goma et à Bukavu (Nord et Sud Kivu) pour régler le problème personnellement. Dans une lecture attentive de ses déclarations, les mesures qu’il a annoncées semblent être faibles et ambigües, presque des signe de complicité.

  • Les désertions des soldats du CNDP ont été réduites à un simple phénomène d’indiscipline militaire, indépendamment de la menace que les troupes de l’ancien CNDP représentent pour la sécurité de la population civile, la souveraineté nationale et l’intégrité territoriale.
  • Un éventuel arrêt de Ntaganda pourrait être motivé par ses prochains actes de «insubordination», sans tenir compte ni des crimes de guerre et crimes contre l’humanité qu’il a déjà commis pas seulement en Ituri, mais aussi au Kivu, ni de son implication directe dans l’exploitation illégale des minerais, ni le mandat d’arrêt émis contre lui par la CPI.
  • Le transfert de la coordination des opérations militaires contre les groupes armés, du commandement de «Amani Leo», assuré jusqu’à présent par des officiers du CNDP, au commandement des régions militaires, est susceptible d’entraîner l’absorption du commandement militaire provincial par la chaîne de commandement parallèle du CNDP.
  • Aucune allusion a été faite à la relation qui lie Ntaganda au régime rwandais, ni aux conséquences qui en découlent. Pourtant, même le texte du mandat d’arrêt délivré par la CPI contre Ntaganda, l’identifie comme un citoyen « supposé Rwandais ».

Probablement, maintenant ce n’est pas le meilleur moment pour arrêter Bosco Ntaganda, puisque les troupes qui lui sont fidèles sont en alerte et prêtes à le défendre à tout prix, avec le risque de semer la terreur parmi la population civile. Il devait être arrêté avant. Cela devra être fait le plus tôt possible, avant de le transférer immédiatement à la CPI.

Enfin, le peuple congolais en général, et la population du Kivu en particulier, attendent du Chef de l’Etat une véritable réforme de l’armée, pour lui permettre d’assurer la sécurité et l’intégrité territoriale. À court terme, il faudra nommer des officiers vraiment nationalistes aux sommets des commandements militaires, tant au niveau national que provincial. Deuxièmement, il est urgent de permuter les troupes du CNDP du Kivu dans d’autres régions militaires du pays. En cas de refus, le chef de l’Etat procédera à l’application des sanctions prévues par le code militaire. À long terme, afin de disposer d’une véritable armée républicaine et non d’un conglomérat d’aventuriers issus d’anciens groupes armés et d’anciens mouvements rebelles, on devra songer à une nouvelle composition de l’armée, par un recrutement de nouvelles recrues sur la base de critères d’un libre choix personnel, du professionnalisme et d’une rémunération adéquate. C’est le prix de la paix.

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