La storia di Imani e la tragedia del popolo congolese

Da Fonte di Speranza

Dopo 42 anni vissuti in Congo credevo di essere più o meno “vaccinato” di fronte alle sofferenze umane e ai drammi che hanno colpito queste popolazioni del Kivu, all’estremo Est del paese sulla frontiera del Rwanda, Uganda e Burundi…

No, è impossibile abituarsi alle tragedie che da anni colpiscono questa regione martoriata del Congo dove continuano ad essere perpetrati i crimini più atroci che superano i limiti della crudeltà umana.
Il caso di Imani, un ragazzino di 12 anni arrivato alcuni giorni fa nel nostro centro di assistenza “Tupendane”, sostenuto economicamente da Fonte di Speranza, ha di colpo riacutizzato quel sentimento di indignazione, rivolta e di dolorosa impotenza che da anni cova nel mio animo, e certamente, anche nell’animo di tutti i missionari che lavorano come me qui in Congo. Continua a leggere

RaiSport deve vergognarsi

RaiSport deve vergognarsi dei commenti che sono stati fatti durante la sfilata delle olimpiadi 2012. L’Africa non è solo la povertà, l’Africa è anche il continente della speranza. Perché qualificare il Burkina Faso come il paese più povero del mondo? Perché dire che il Burundi ricorda la parola genocidio? Perché non ha fatto allusione alla crisi che sta trascorrendo la Grecia? Perché non ha fatto allusione al nazismo quando è passata la Germania? L’olimpiade è un momento di gioia, non è occasione per ricordare tristi eventi dei singoli paesi.

Congo, una guerra è per sempre
Le ragioni di una crisi senza fine

Da Repubblica.it

All’est del grande paese centrafricano la guerra non è mai finita. Da quasi vent’anni. Cambiano i nomi dei gruppi ribelli e i loro capi ma i motivi del conflitto sembrano chiari: interessi per diamanti e minerali, tensioni etniche e la responsabilità ruandese.

GOMA – Sono stanchi gli abitanti dei due Kivu, all’est della Repubblica Democratica del Congo. Stanchi ed esausti di una crisi umanitaria senza fine, di vivere da eterni profughi a causa delle incursioni devastanti di gruppi ribelli armati, dell’assenza dello Stato. Stanchi dei grandi interessi attorno ai diamanti e alle risorse minerarie di cui è ricca la regione, del ruolo chiave del vicino Ruanda accusato di fomentare i disordini. Stanchi, infine, dell’immobilità della comunità internazionale davanti alla responsabilità di mettere fine una volta per tutte a questo disastro dell’umanità che, dal 1995, ha causato la morte di oltre 5 milioni di persone, senza fare scalpore tra i titoli di giornale. Continua a leggere